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Mimetismo
Mimetizzarsi non significa solo nascondersi. La natura ha dotato alcuni di essi di pungiglioni molto velenosi, come nel caso delle api e delle vespe: nessun uccello insettivoro mangerà mai un'ape o una vespa, perché teme il loro pungiglione velenoso. Ci sono in circolazione però delle mosche, appartenenti alle famiglie dei Bombilidi e dei Sirfidi, che assomigliano in modo quasi perfetto alle api e alle vespe: così hanno modo di aver salva la vita, perché molto difficilmente un uccello insettivoro si azzarderà a mangiarli.
Il colore rosso è universalmente segno di pericolo: quasi
tutti gli
insetti più velenosi sono colorati di rosso.
Le farfalle della famiglia degli Zigenidi sono in genere di un bel
colore rosso con macchie nere: sono tutte estremamente velenose,
perché il loro bruco si ciba di piante velenose e ne accumula il
veleno.
Così anche alcune specie di cimici, le ben note cimici puzzolenti, sono di un bel colore rosso e nero, quasi a voler dire: "stai alla larga, è meglio per te". Perciò questi insetti non si preoccupano di nascondersi, anzi si rendono ben visibili per meglio proteggersi.
Altri ancora cercano di sembrare terrificanti per spaventare i
predatori. Un bell'esempio di mimetismo lo si ritrova in una farfalla della famiglia dei Saturnidi, la Attacus atlas, detta anche farfalla cobra, probabilmente la più grande farfalla esistente al mondo (raggiunge un'apertura alare di 30 centimetri).
Questa farfalla vive nelle regioni ai piedi della catena dell'Himalaia
e deve il suo nome al disegno delle ali anteriori.
La somiglianza con il profilo della testa di un serpente è
decisamente
impressionante.
Logicamente nessuno si sognerebbe di avvicinarsi a qualcosa che
sembra un serpente, visto che da quelle parti abbondano i serpenti
velenosi.
Ma c'è un'altra cosa che rende particolare questo disegno: anche
nella
Saturnia pavonia ritroviamo lo stesso motivo sulle ali anteriori.
Solo che nella Saturnia pavonia il ruolo di deterrente contro i
predatori è affidato ai falsi occhi, più che al finto
serpente.
E c'è un motivo: nelle foreste dove vive l'Attacus atlas, i
serpenti
sono temibili predatori, mentre nelle nostre regioni non lo sono.
Nelle nostre zone, almeno fino a che gli equilibri ambientali non sono stati alterati dalla presenza dell'uomo, gli occhi rappresentavano lo sguardo del gatto, del lupo, della lince, della volpe, tutti buoni motivi per mettersi in salvo al più presto, per non passare da predatori (di insetti) a prede (un uccello insettivoro è un sostanzioso pranzo agli occhi di un gatto). Da attente osservazioni e ragionamenti approfonditi su coincidenze e similitudini il grande naturalista Charles Darwin formulò, nella seconda metà del 1800, la teoria dell'evoluzione della specie.
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